Costume e Società

Avete mai assaggiato la carne di Kobe?

Cari buongustai, avete mai assaggiato la carne di Kobe?

Avvisati per tempo dai nostri macellai di fiducia, Matteo e Fabrizio Macchiagodena, siamo andati a comprare la carne Wagyu (wa=giapponese, gyu=bovino) presso il box 42 del mercato Primavera nell’omonimo viale, a Centocelle.

Kobe è il capoluogo della prefettura di Hyogo della regione di Kansai ed è proprio questa località che dà il nome al tipico manzo nero giapponese.
Quindi può chiamarsi carne di Kobe solo quella proveniente dai bovini di razza autoctona (Tajima-Gyu), che vengono allevati e macellati nella prefettura di Hyogo.

Il prezzo è elevato va da un minimo di 300 euro a 1000 euro al chilogrammo, quindi la prima domanda è: ne vale la pena?

Prima di rispondere a questa legittima domanda, bisogna addentrarci nell’esotico (per noi italiani) e complesso mondo giapponese.
La leggenda che i bovini giapponesi vengano massaggiati e nutriti con la birra va chiarita: alcuni allevatori spazzolavano le vacche, di ritorno dai campi, per pulirle dal fango e questa azione è, a tutti gli effetti, un vero massaggio antistress; la birra, invece, veniva somministrata come stimolante dell’appetito per farle ingrassare maggiormente. Insomma qualsiasi animale da carne se allevato in maniera rilassata fornisce carne più morbida e saporita.

Riassumendo, la carne Kobe deve essere:

1) pura razza Tajima-Gyu, età compresa tra 28 e 60 mesi, nata-cresciuta-macellata nella prefettura di Hyogo

2) deve avere un yeld score A o B: indica la percentuale in una carcassa di tagli utili al consumo; il grado più alto è la A

3) un grado da 1 a 5 nella scala della Meat Quality Grading della Associazione Giapponese: indica la qualità complessiva della carne come il colore, consistenza, grasso

4) dal 6° al 12° grado di marezzatura (BMS: Beef Marbling Stardard): indica la distribuzione del grasso all’interno del tessuto muscolare; 12 è il grado più pregiato

5) deve avere il sigillo di garanzia che certifichi che è Kobe

La nostra esperienza è avvenuta all’insegna della più pura ignoranza. Informati da nostro figlio Bruno, dell’esistenza di una carne giapponese eccezionale e avendo come complice Fabrizio Macchiagodena, abbiamo ordinato una bistecca (spessore 15 mm) e due fettine (spessore 5mm).
Tutti e tre i pezzi presentavano una marezzatura altissima (almeno 9), omogenea e un lato con uno spesso strato di grasso.

Bruno, l’esperto di casa, ha portato ad una temperatura elevata la piastra antiaderente e poi ha iniziato a cucinare partendo dalla bistecca:
-la prima parte della bistecca a contatto con la piastra è stato il lato col grasso (15 secondi), che sciogliendosi uniformemente, ha permesso alle parti successive di cuocersi utilizzando il proprio grasso.
– successivamente sono stati cauterizzati i rimanenti lati (10 secondi per lato) e infine le parti più ampie (cottura eseguita in 120 secondi); la bistecca è stata servita scaloppandola.

Le fettine hanno avuto un trattamento leggermente differente:
– prima cuocendo il lato con maggior grasso, quindi le
– parti ampie (un minuto per lato).

Cari buongustai vale la pena? La risposta è siiiii. La sensazione unanime è stata che questa esperienza, almeno una volta nella vita, deve esser fatta: la burrosità (texture è il termine tecnico per indicare la consistenza della struttura interna del cibo percepita con la masticazione) della Kobe è incredibile.

La prima sensazione è quella di pensare: ma io fino ad ora che cosa ho mangiato? Per alcuni palati è predominante il profumo ed il sapore di pesca e noce di cocco, per la nostra amica Eliseba è il sapore della nocciola.

Noi abbiamo sentito una tale armonia di sapori che dovremmo descrivere una intera orchestra di sensazioni. L’equilibrio tra sapidità e dolcezza della carne sconsiglierebbe l’utilizzo di qualsiasi spezia, sale, olio, ecc., mangiatela così come è, ma soprattutto a fettine di non oltre 5 mm.

Anna Onori, Bruno ed Henos Palmisano

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